Ho provato a smettere cinquantamila volte. Ho provato anche oggi, ma ho resistito fino alle 11 del mattino
All’inizio degli anni ’80 il Brasile era sotto la dittatura militare del generale Joao Baptista de Oliveira Figueiredo, tutto il Brasile eccetto lo spogliatoio del Corinthians. Il Corinthians è una squadra di calcio di San Paolo, fondata nel 1910 da operai e manovali, con il preciso intento di opporsi ai club della ricca borghesia, di non lasciare loro il gioco del pallone. Alla fine degli anni ’70 il club è in rovina, ma grazie ad una nuova dirigenza, a giocatori come Biro-Biro, Casagrande, Wladimir, e Adilson (un allenatore che non era un allenatore) nacque il più interessante esperimento sociologico del calcio: la Democrazia Corinthiana.
Simbolo indiscusso della Democrazia Corinthiana fu un ragazzo alto (1,93) e magro (tanto da essere soprannominato Magrao), col piede piccolo (prendeva addirittura il 37), la barba incolta da rivoluzionario, una laurea in medicina e una finissima intelligenza tattica. Lui era Socrates, lui era il tacco di Dio. Suo padre aveva riempito la casa di libri, anche quelli vietati dal regime, aveva una passione per la cultura classica e una assoluta avversione ai dispotismi. Socrates assorbì la lezione del padre, studiò medicina, divenne pediatra, ma si accorse presto che con una palla fra i piedi poteva fare molto per il suo paese. Iniziò la sua carriera professionistica tardissimo, e per di più quasi non si allenava, non ne aveva bisogno. Aveva un accordo con il suo primo club per il quale doveva semplicemente presentarsi la domenica per la partita e fare gol, libero da ogni schema, esonerato dalla fatica inutile degli allenamenti.
Quando arriva al Corinthians il paese è in subbuglio, stanco dei generali, e lui insieme ai suoi compagni capisce che il cambiamento è possibile, che il calcio è un enorme strumento sociale, e decide che si deve dare l’esempio, scuotere il popolo, far tremare il regime. La Democratia Corinthiana era una rivoluzione che ribaltava il tradizionale sistema gerarchico delle società di calcio, al cui vertice c’è un presidente e poi via via tutti gli altri. Al Corinthians ogni decisione, dagli orari degli allenamenti alla formazione, dalla campagna acquisti all’abolizione dei ritiri, veniva presa a seguito di una votazione alla quale partecipavano tutti, magazzinieri compresi, e nella quale ogni voto aveva lo stesso peso. Sulle magliette dei giocatori anziché gli sponsor venivano scritte delle frasi che volevano smuovere le masse, e sopra il numero c’era scritto DEMOCRACIA. Immaginatevi la portata enorme del messaggio: in Brasile, sotto la dittatura dei generali, il Corinthians (una delle squadre col maggior numero di tifosi del paese) scende in campo con la scritta DEMOCRACIA. E quella squadra vinceva! Il Corinthians in quegli anni di democrazia vinse due campionati paulisti e riuscì a risanare i debiti. Gol, spettacolo e musica: nella finale del 1982 i giocatori entrarono in campo cantando e ballando una canzone di Gilberto Gil.
Socrates era anche il capitano del Brasile del mondiale ’82, un giocatore straordinario in squadre straordinarie, che sul campo sembravano danzare tutti insieme, coordinati ed eleganti, che sull’erba disegnavano geometrie e arabeschi con finte, colpi di tacco e giocate spettacolari. Nel 1984 in seguito alla bocciatura di un emendamento per le libere elezioni in Brasile, Socrates si trasferì in Italia, alla Fiorentina. Lì trovò ad allenarlo Giancarlo De Sisti, che faceva fare ai giocatori degli scatti in salita. Dopo il primo Socrates gli si avvicinò e gli disse «Mister, ma che senso ha? Il campo non è mica in salita…».
Non si adattò mai al nostro calcio, o forse il nostro calcio non seppe adattarsi a lui. Tornò in Brasile e finita la carriera da calciatore esercitò la professione di medico, scrisse per i giornali, diede vita al Cauim, che altro non era che un cinema del popolo: «C’è gente che non può pagare 50 real per andare al cinema, qui non c’è biglietteria, lo spazio è pubblico». Passioni di Socrates erano anche il fumo, che lo aiutava a pensare meglio, e la birra. Il bar era un luogo dove incontrare la gente, sentire il polso del paese, parlare di politica o semplicemente chiacchierare. Quando segnava esultava alzando il pugno, disse: «Quero morrer em um Domingo e com o Corinthians Campeão» (voglio morire di domenica e con il Corinthians campione”).
Così fu, Socrates è morto il 4 Dicembre 2011, il Corinthians giocava l’ultima partita che gli avrebbe permesso di vincere il campionato nazionale, e i suoi giocatori festeggiarono tutti con il pugno alzato, per ricordare “O Dotour”, “Il tacco di Dio”.