I giorni dell’I.R.A. (Records):
01 • AA.VV. – Catalogue Issue (1984)

E Carmine Schiavone disse: “Tra 20’anni moriranno tutti di cancro”. Non so come trasmettere, come uomo nato, cresciuto e vivente nel Sud Italia, il senso d’angoscia di questa sua dichiarazione fatta nel ’97 e desecretata nel 2013. Schifosi. Si parla del traffico e dell’interramento illecito di rifiuti tossici in Campania o in generale a Sud, crimine dalla Camorra perpetrato per anni. E anni. E anni. Con la collusione di parte del mondo dell’imprenditoria e l’appoggio osceno di alcune persone all’interno delle istituzioni e della Cosa Pubblica. Questo tipo di organizzazione criminale e le sue azioni vengono raggruppati all’interno del fenomeno delle cosiddette ecomafie. Il sud Italia è pieno di siti totalmente inquinati. Sono nate generazioni di italiani ed italiane affette da malattie come la leucemia e/o da gravi malformazioni. Praticamente genocidio. La cattura dei colpevoli e l’interruzione della rete è ormai tardiva. Inutile rispetto agli effetti del delitto ed alla massa di persone colpite: la giustizia subito annichilita.
La notizia non ammutolì nessuno dei passeggeri.
Il giornale radio poi parlò d’altro. In bus mi dirigevo verso la città di Noto, giardino di pietra ed enciclopedia del barocco. Guardavo dal finestrino il paesaggio e pensavo a quanta terra sia stata seminata a morte. Pensieri cupi che si acuirono all’altezza di Lentini. Pensieri che non consola nemmeno la grazia di un prolungamento d’estate che spesso l’autunno al suo esordio concede alla Sicilia.

 

 

Il 12 luglio 1984, alle ore 14.45, un Lockheed,  aereo da trasporto militare strategico delle forze americane di istanza a Sigonella, precipitò nelle vicinanze di Lentini in provincia di Siracusa, dopo un volo di 200 secondi. L’area dello schianto fu circoscritta e le indagini furono prese in mano dagli Stati Uniti. Il fatto è conosciuto come “Incidente di Sigonella”. Si pensò ad una intossicazione dei piloti per via di alcune vernici che presero fatalmente a fuoco. Fu considerato un incidente, quindi, sin quando – però – il professor Elio Insirello, dell’università degli studi di Messina, non notò nel comprensorio Lentini – Carlentini – Francofonte una forte correlazione tra il tempo trascorso dalla data dell’incidente  e l’impennata di malattie leucemiche (3 volte di più rispetto alla media nazionale), tra il 1992 e il 1995, cioé circa dieci anni dopo lo schianto, che è il tempo che impiegano a manifestarsi le patologie tumorali legate alla contaminazione da uranio impoverito. Non solo: il tipo di bonifica della zona è quella tipica attuata in contesti e circostanze di questo tipo, ovvero di contaminazione. Le osservazioni di Insirello e il flusso di numerosi documenti e testimonianze venuti alla luce grazie alla diffusione di internet, hanno fatto in modo che la magistratura italiana, nel 2007, aprisse le indagini.

 

 

Questo ricordo ha come effetto quello di farmi sentire un italiano avvelenato a poco a poco col cibo della terra. Con un vago senso di vomito, arrivo a Noto. Mentre passeggio per via Silvio Spaventa, in cerca di un bar elegante per iniziare a ubriacarmi e pensare sempre meno alle patrie disgrazie  ed alle mie, mi imbatto in una piccola galleria, Studio Barnum contemporary. Stanno disallestendo una mostra. I quadri che a poco a poco vengono portati via ritraggono dei tuffatori. Figure su tela che come pregio primo, hanno avuto quello di sostituirsi all’immagine del Lockheed che precipita, suggerendomi un destino diverso dal seppellimento. Entro, intercetto l’autore e dico qualcosa di banale sulle bellissime forme che vedo. Il pittore sembra apprezzare. Parliamo un po’. Gli chiedo se conosce “Il tuffatore”, l’album di Flavio Giurato. Lo conosce. Ma non è il solo disco che ha in copertina gente che si tuffa, gli dico. Però non ricordo quale. Un disco di una certa importanza. O almeno credo. Mi sforzo, ma niente. Mi ci cruccio tutto il tempo, da buon musicofilo desideroso di elucubrare. Solo alla fine di una bella chiacchierata con lui, quando mi regala un suo catalogo, per un’associazione di idee persino esagerata per quanti riferimenti e indizi mi si parano davanti, mi ricordo del disco. L’album si chiama “Catalogue Issue”, letteralmente “Catalogo delle pubblicazioni”, in copertina ha dipinti tre corpi nell’atto di tuffarsi. Il pittore si chiama Sergio Fiorentino e fiorentina è l’etichetta che l’ha pubblicato: la I.R.A. Records. Pubblicato nel 1984, lo stesso anno dell’incidente di Sigonella.

 

 

120 copie numerate e mai ristampate per promuovere le band che la I.R.A. Records aveva sotto contratto: i Diaframma, gli Underground Life, i Litfiba e i Moda. Oggi, solo grazie al riversamento sulla rete per opera di pazienti amatori è possibile riavere i brani incisi in quel disco, alcuni dei quali mai più riprodotti. All’epoca internet come lo conosciamo ed usiamo oggi, nel suo uso quotidiano, portatile e sociale, era fantascienza alla War Games, il fortunato film di Jonh Badham del 1983 con un giovanissimo Mathew Broderick. Anzi, se vogliamo dirla tutta, nel 1984 eravamo all’inizio dell’alfabetizzazione su scala mondiale all’uso dei personal computer. La Apple, infatti, presentava il primo computer della serie Macintosh, il primo fondato sul paradigma “Windows, Icons, Mouse, Pointer” (“Finestre, Icone, Mouse, Puntatore”) che ne rese intuitivo l’uso. Quindi quel disco o lo trovavi o te lo passavano (spopolava il fenomeno della cultura delle cassette) o ne venivi a conoscenza tramite riviste di settore e radio libere. E in tv? Francamente non ho indagato.  Forse esiste qualche ripresa dei concerti o qualche video sperimentale, vista per esempio l’affezione dei Diaframma con la visual art, o – ancora – qualche passaggio per le tv locali. Certamente le band erano troppo poco note per meritare o acquistare un passaggio per le reti nazionali. Ma una cosa sulla tv italiana di quell’anno, secondo me, va raccontata.

 

 

Nell’agosto del 1984 dopo l’acquisto di Italia 1 e Rete 4, Fininvest (oggi Mediaset) divenne un monopolio di fatto, poiché fu l’unico operatore televisivo privato che trasmetteva in tutto lo Stivale. Mancando una legislazione sull’emittenza e per questa fattispecie, Fininvest operava fuori norma, cioè in un regime non regolamentato e praticamente senza concorrenza. Facendo affari, quindi, “fuori” dalla legge, i pretori delle città di Torino, Roma e Pescara, decisero di intervenire, sfruttando l’unico strumento che per il caso gli veniva in soccorso: il Codice Postale. Ingiunsero il blocco della connessione tra i ripetitori, oscurando i canali Fininvest nelle rispettive città. Fininvest reagì oscurando le proprie trasmissioni in Piemonte, in Lazio e in Abruzzo, dando origine a un caso mediatico. L’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi intervenne in favore dell’imprenditore Berlusconi con un decreto legge d’urgenza detto “decreto Berlusconi”. Così, giusto per ricordarcelo, parafrasando uno spot azidendalista di Mediaset.
Bene.
È in questo momento storico che esce “Catalogue issue”. Che all’epoca aveva un valore strettamente promozionale, ma oggi diviene un’interessante crestomazia, sinonimo di antologia, che dal greco traduciamo con “ciò che è utile imparare”.

 

 

Una raccolta che –  è ovvio – ci dice come è cambiata la musica da ieri a oggi. Musica con elementi di “quasi novità”: i richiami a melodie medio-orientali ed il ritorno al cantato in italiano per un genere, dark e post punk – in altri termini new wave -, che in Italia aveva prediletto l’inglese. Certo, non è all’altezza delle sperimentazioni, dei virtuosismi, delle bizzarrie e della sfrontatezza di fine anni ’70. Tuttavia questa compilation, al giorno d’oggi, diventa il reperto musicologico che illustra suoni, argomenti, strumenti musicali in voga (i nuovi synth digitali in testa) mode e attitudini peculiari dei giovani di quella generazione. Un sound alternativo che sfondò le pareti della nicchia, per approdare con esiti vincenti anche sul mercato discografico italiano. I testi, in questa sede, accennano e anticipano i temi che più approfonditamente  le 4 band canteranno nelle loro successive singole produzioni: lo scollamento tra mondo reale ed aspirazioni personali (anomia) dei neo-adulti del tempo che oscillano tra ribellismo ed impotenzal’osservazione fatalista e celebrativa delle forze “non capitaliste” – dell’Est Europa, dell’Oriente e del mondo arabo – che si armano, si infiammano, scalano le economie o semplicemente rivendicano il loro posto nel mondo e la loro legittimità; la recita dell’inconfessabile intimo nei rapporti umani, ovvero quello che le telecamere (già identificate come spie, agenti del plagio e della veicolazione delle masse) non possono riprendere, sondare, monitorare, modellare, stereotipare e divulgare (che fa rima con “1984” di George Orwell) o sentimenti che si possono riassumere usando le parole di Andrea Pazienza scritte nell’incipit di “Lupi”, pubblicato nel numero 8 di “Corto Maltese” dello stesso anno: “Amore è tutto ciò si può ancora tradire”la necessità di bellezza cui abbandonarsi e cedere, che siano colori e forme da terre lontane, che sia l’amore prima che appassisca, che sia l’eleganza del verso, che sia il modo di inscenarsi sul palco. Cartilagine di questa ossatura è un approccio creativo (ed esteriore) sciamanico/visionario (di finti trasandati), tra esotismo e simbolismo.

 

 

Catalogue Issue è un buon disco, omogeneo nella sua produzione e nel suo svolgersi, nonostante 4 band di diversa ispirazione, che assolve allo scopo di essere il compendio artistico e commerciale per cui era nato: noi siamo la Immortal Rock Alliance Records, questi artisti produciamo e questo vendiamo. Un episodio editoriale che si può considerare seminale. Se, infatti, leggiamo i nomi delle persone coinvolte con l’album, con l’etichetta e con le band, capiamo come e dove il rock italiano si trasforma negli anni a venire, imponendosi al grande pubblico.
Ernesto De Pascale, produttore artistico dei Diaframma: oltre ad aver contribuito nel 1984 alla nascita di Video Music ed essere stato uno dei conduttori di Rai Stereonotte, negli anni ’90 produsse gli Aeroplani Italiani e gli Articolo 31. Fabrizio Barbacci, chitarrista dei Moda: lanciò i Negrita e Ligabue. Gianni Maroccolo, bassista dei Litfiba: suonerà con i CCCP, poi CSI e PGR, lancerà i Marlene Kuntz, fa un disco autofinanziato con Claudio Rocchi prima che morisse, si muove tra i pianeti con le reunion sempre in agguato. Carlo Ubaldo Rossi, collaboratore della I.R.A. Records, infine: abbandonerà l’etichetta per formarne un’altra, portandosi dietro i Litfiba (che aveva prodotto) e contribuirà all’affermazione di nomi come  883, 99 Posse, Baustelle, Caparezza, Vinicio Capossela, Irene Grandi, Jovanotti, Ligabue, Mau Mau, Meg, Gianna Nannini, Neffa, Giuliano Palma & the Bluebeaters, Max Pezzali, Subsonica, e Nina Zilli. C’è di tutto.

 

 

Ma la cosa che più mi piace considerare di Catalogue Issue è, a posteriori, la sua schematicità, che raggruppa casi esemplari di diversi destini artistici. I Diaframma rappresentano il gruppo che scrive la pietra miliare, “Siberia” (alla quinta ristampa); i Litfiba, la band/fenomeno dal successo di pubblico e commerciale enorme tanto da far tendenza; gli Underground Life, i devoti dell’arte e della sperimentazione, incuranti delle vendite; per chiudere con i Moda, i meritevoli, ma sfortunati e incompresi. Tutto questo succedeva nelle studi della I.R.A. Records, fondata Alberto Pirelli e Anne Marie Parrocel, che visse un quinquennio, il tempo necessario per cambiare la morfologia discografica italiana degli anni ’90 (ma era il 1984 e ancora non potevano saperlo) e che fece di Firenze, anche se per poco, la capitale del rock italiano. Come di Firenze era la Kindergarten, la label che produsse i Denovo, band di Catania. Riferimento che mi riporta tragicamente in Sicilia ed alle sue vicissitudini. Dove nel 1984 morì ucciso  il giornalista e scrittore antimafia Pippo Fava, un terremoto sconvolse Zafferana Etnea alle pendici dell’Etna, le rivelazioni del pentito di Tommaso Buscetta portarono all’emissione di circa 370 mandati di cattura, il messinese Michele Sindona, banchiere della mafia ed economista del crimine, muore avvelenato in carcere.
Altro che canzoni e noia borghese:  omertà e voci messe a tacere nel sangue.