«Волшебный гол творит Стрельцов».
Eduard Karakhanov è un soldato russo appena tornato a Mosca dall’Estremo Oriente, in suo onore il 25 Maggio 1958 si tiene una festa al Cremlino. Sono invitate tutte le personalità più importanti ed influenti dell’URSS. Fra queste ci sono Yekaterina Furtseva – l’unica donna del Politburo (l’organo esecutivo del Partito) di quel tempo – e la sua sedicenne figlia, poi ci sono Marina Lebedeva – una giovane che aveva il solo, ma non ininfluente, merito di essere bellissima – e Eduard Streltsov.
Streltsov è giovane, bello, alto, con i capelli da Teddy Boy, ed è il calciatore russo più forte di allora e forse di sempre. La sua fama è immensa, i tifosi lo idolatrano, i giovani lo prendono a modello e il Partito lo subisce. Ha vinto l’oro alle Olimpiadi di Melbourne, in semifinale contro la Bulgaria l’URSS è sotto 1-0 e gioca in nove ma grazie a lui riesce a ribaltare il risultato. La finale però Streltsov non la gioca – per scelte tattiche che sembrano nascondere ben altro – e quindi non ha diritto alla medaglia d’oro, che era riservata solo ai titolari della finale. Ma anche i compagni lo adorano, gli riconoscono un talento inarrivabile, è un amico prima che un compagno, e Nikita Simonjan, il suo sostituto, gli offre la sua medaglia d’oro «Senza di te non avremmo mai vinto» ma «Tienila, io ne vincerò altre» risponde il diciannovenne Streltsov.
Eduard gioca per la Torpedo Mosca, squadra legata alla fabbrica d’auto popolare Zil, e rifiuta di passare sia alla Dinamo che alla CDKA (oggi CSKA), squadre controllate l’una dal KGB e l’altra dall’Armata Rossa. Fuma, beve, piace alle donne, non si lascia assorbire dall’apparato e di fronte all’umiliazione della mancata consegna della medaglia d’oro risponde spavaldo e irriverente, il suo taglio di capelli, le sue pose, i suoi vestiti, sono troppo occidentali. Streltsov è un genio del calcio, ma è un rebel without a cause, e per il Partito è un problema.
Alla festa del Cremlino tutti gli occhi delle donne sono per lui, che nel frattempo beve e fuma, e Yekaterina gli offre in sposa la figlia ricevendo un secco rifiuto. Poco dopo, probabilmente già ubriaco, scherza con degli amici a voce troppo alta «Non sposerei mai quella scimmia». Streltsov è in una posizione scomoda e Yekaterina è abbastanza potente per farlo cadere definitivamente: viene accusato di aver stuprato la bella Marina Lebedeva e rinchiuso alla Butirka, il carcere più duro di tutte le Russie. Lì gli viene promessa la libertà e la possibilità di partecipare agli imminenti campionati mondiali in Svezia in cambio di una piena confessione. È una trappola, ma Eduard è ingenuo e ci casca, firma e viene spedito in un Gulag. Il tecnico della nazionale prova a fare di tutto per evitare la condanna, ma Teddy è un personaggio ormai troppo scomodo e l’ordine viene direttamente da Kruscev. La sua prigionia dura sette anni, lavora in miniera e si dice riesca a sopravvivere intrattenendo le guardie palleggiando con il tacco – ancora oggi il colpo di tacco in Russia è chiamato lo Streltsov. Senza di lui l’URSS perde 2-0 contro la Svezia, quella stessa Svezia che con Eduard in campo era stata umiliata 6-0 grazie ad una sua tripletta e alle sue giocate.
Quando ritorna dal Gulag è più lento, riservato e silenzioso, ma il talento non è stato cancellato. La Torpedo conquista il titolo nazionale e lui viene eletto miglior calciatore sovietico per due anni di fila. Purtroppo però non ha il permesso di oltrepassare il confine nemmeno per andare a giocare, e l’Europa non conoscerà mai questo campione. Streltsov non accennerà mai al Gulag, ha una moglie e un figlio, teme anche per loro. Lui gioca e basta, ma gli hanno tolto la gioia. Il popolo però non lo dimentica, non lo ha mai dimenticato, e continua ad osannarlo. Solo in punto di morte – che arriva a causa di un tumore alla gola contratto nelle miniere del Gulag – chiederà di rimanere solo con la moglie e le dirà di essere innocente, di non aver mai fatto del male alla bella Marina.
Streltsov amava l’alcol il fumo e le donne, non gli interessava la politica, non gli interessava il Partito, la sua squadra era la Torpedo Mosca e non voleva andare in nessun altra squadra anche se era la squadra del KGB o dell’Armata Rossa, voleva pettinarsi e vestirsi come gli pareva, voleva fare gol e basta. Streltsov giocava a calcio, giocava bene, benissimo e fece l’errore di credere che questo bastasse.