Sopra lo storico Bar Combi – di proprietà della famiglia del portiere juventino Gianpiero Combi – per molti anni leggendario luogo di ritrovo degli sportivi torinesi, all’angolo tra via Roma e piazza Castello, nei primi anni ’30 due orchestre di musicisti mascherati da gauchos si alternavano suonando il tango per tutta la notte.
Fra i tavoli del lussuoso locale, elegantissimo e con un bicchiere pieno di bollicine si incontrava spesso il proprietario: Renato Cesarini, un ragazzo nato a Senigallia ed emigrato giovanissimo con la famiglia in Argentina, che all’epoca era tornato in Italia per giocare nell’attacco della Juventus. A volte faceva talmente tardi che arrivava agli allenamenti ancora con il cappotto di cammello e il cravattino facendo perdere la pazienza al severissimo barone Mazzonis – dirigente e futuro presidente bianconero – e all’allenatore Carlo Carcano, che lo riempivano di multe.
Cesarini era però un ragazzo allegro e generoso, ben voluto da tutti, tanto che tante di quelle multe le pagavano gli stessi dirigenti di tasca loro, uno fra tutti l’avvocato Vittorio Tapparone, già presidente del Circolo Tennis Juventus, figura molto influente nella storia del club e suo grande ammiratore.
Altre volte invece Cesarini, grande amante del gioco e delle carte, scommetteva con Mazzonis l’archiviazione della multa nel caso in cui avesse giocato una grande partita e segnato almeno un gol, cosa che poi accadeva regolarmente. Con Raimundo Orsi – altro grande oriundo juventino – passava interi pomeriggi al bar di piazza San Carlo scommettendo ingenti somme su quale sarebbe stato il colore del prossimo cavallo che fosse passato.
Carcano aveva addirittura assoldato un gruppo di ragazzini che in cambio di un paio di lire seguivano i giocatori e poi relazionavano all’allenatore sulle loro notti brave. Cesarini però l’aveva scoperto e offriva a quei ragazzini il doppio di quanto facesse il suo allenatore per farli stare zitti. A quei ragazzini – e a tutti quelli che lo avvicinavano – era solito ripetere, quando li incontrava con un pallone fra i piedi: «ragasso, la pelota te la devi portare anche a letto».
Era felice e voleva che lo fossero anche le persone che lo circondavano, pagava spesso per tutti, prestava denaro, dava elemosine da 5 lire, raccontava storie assurde che sembravano uscite da un libro, alle quali però tutti credevano ingenui e genuini come lo stesso Cesarini che faceva ridere tutti con le sue bizzarrie.
Prima di una partita della nazionale contro la Spagna, Vittorio Pozzo gli disse di marcare Cirri seguendolo ovunque andasse. Cesarini assolse il suo compito con tale fervore da costringere Cirri ad abbandonare volontariamente il campo, all’epoca non c’erano ancora le sostituzioni così l’Italia si sarebbe ritrovata a giocare in superiorità numerica se non fosse che Cesarini seguì lo spagnolo negli spogliatoi. A fine partita un Pozzo infuriato chiese a Cesarini per quale folle ragione fosse uscito dal campo, Renato sardonico gli rispose che aveva semplicemente seguito Cirri ovunque come gli era stato ordinato.
Tutto gli veniva perdonato, perché sincero e perché campione immenso. La fantasia che metteva nel raccontare le sue storie era totalmente oscurata da quella che metteva in campo, era uno di quei giocatori che il calcio non lo giocavano semplicemente ma lo inventavano. Era poi riuscito nell’impossibile impresa di dilatare il tempo, probabilmente solo per caso, probabilmente perché gli altri calciatori erano già stanchi, segnava spesso negli ultimi minuti di gioco quando ormai tutti consideravano la partita finita.
Il 13 Dicembre 1931 segnò un gol all’ultimo minuto di Italia – Ungheria, i cronisti cominciarono a parlare di “caso Cesarini”. La settimana dopo Eugenio Danese usò questo termine per indicare il minuto (’89) in cui fu segnato un gol in una partita di serie A. Dopo un po’ di tempo, caso si tramutò in zona, termine che alcuni sostengono preso in prestito probabilmente dagli scacchi.
Oggi il generale impoverimento della lingua fa sì che si ricorra sempre più frequentemente a termini calcistici anche in contesti che richiederebbero un eloquio forbito, ma zona Cesarini è una locuzione con una storia ed un’etimologia ricercata che sta scomparendo, troppo colta per gli uni troppo becera per gli altri.
Chissà se Renato si arrabbierebbe per questo, o andrebbe semplicemente al bar ad offrire da bere e a divertirsi con i suoi amici.