Tutti conoscono le diverse accezioni del termine povertà, ma non tutti ne conoscono le cause ed i modi per combatterla. Tra le tante accezioni, quella di povertà economica e materiale é certamente quella che riceve più attenzione e che desta maggiori preoccupazioni. Chi é vittima di uno stato di povertà ha difficoltà ad accedere con regolarità ai principali elementi di sussistenza. Una alimentazione regolare; un alloggio regolare; elementari condizioni igienico-sanitarie rappresentano il minimo per poter condurre una vita dignitosa. Non avere accesso anche ad una sola di queste circostanze rende poveri. É la nozione di povertà assoluta, misurata appunto in riferimento a un paniere di beni e servizi essenziali. Nel 2012, in Italia, secondo l’ISTAT, 1 milione e 725 mila famiglie, pari al 6,8% delle famiglie residenti, risultavano in condizione di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni e 814 mila individui, pari all’8% dell’intera popolazione. Rispetto all’anno precedente il numero di famiglie in situazione di povertà assoluta è aumentato del 33%.
Si può essere poveri anche rispetto agli altri. É la nozione di povertà relativa, in cui ci si trova quando si ha meno del 60 per cento dell’ammontare intermedio di beni e servizi cui le famiglie hanno accesso. Nel nostro paese, nel 2012, la percentuale delle famiglie al disotto della soglia di povertà relativa era del 12.7, in aumento rispetto all’anno precedente. Infine, si può essere a rischio di povertà, ossia trovarsi in circostanze che rendono assai probabile l’ingresso in una delle categorie precedenti. Negli stessi anni la percentuale delle persone a rischio povertà, nel nostro paese, era pari al 28.2.
Se adesso si guarda al 2013, tutti gli indicatori disponibili segnalano un aggravamento della situazione. L’indebitamento delle famiglie é cresciuto. I consumi di beni di prima necessità sono diminuiti. La presenza nei centri di accoglienza e di ascolto é cresciuta. Del resto non si può dire molto meglio. La crisi economica ha segnato nel corso del 2013 un ulteriore regresso. Ciò non può certo migliorare i dati sulla povertà, che continua a crescere nel nostro paese in tutte le sue diverse dimensioni.
Fin qui abbiamo detto dell’ampiezza del fenomeno. Ma occorre guardare alle cause se si vuole capire di più. La causa della povertà assoluta é il lento e ritardato sviluppo economico. La causa della povertà relativa é una troppo ineguale distribuzione del reddito. La causa del rischio di povertà, ossia della possibilità che l’ampiezza del fenomeno cresca, é la mancanza di opportunità per i giovani e le nuove famiglie e il progressivo assottigliamento dei presidi pubblici per le generazioni più anziane. É evidente che solo conoscendo le cause si può fare qualcosa per ridurre l’ampiezza della povertà. Crescita economica, ridistribuzione del reddito, riforma del mercato del lavoro, razionalizzazione della spesa pubblica sono tutte azioni capaci di incidere in maniera significativa sulla povertà, sui tempi lunghi. Ma la povertà é pure una emergenza, che deve essere trattata con gli strumenti dell’emergenza. Di povertà si può morire. Si muore di fame, di freddo, di cattive condizioni igieniche, di mancanza di cure. I governi e le comunità locali devono sviluppare sistemi di assistenza e di accoglienza, mettendo insieme energie private e pubbliche, che permettano di trattare con rapidità ed efficacia le emergenze di povertà. Questa capacità dipende ovviamente dalla disponibilità di risorse destinate alle politiche sociali ma dipende anche, e non in piccola misura, dalla attitudine di un paese e di una comunità a restare uniti sulle cose fondamentali. Ciò dipende certamente dalle caratteristiche storiche e culturali di una comunità, ma anche, e forse soprattutto, dalla capacità della politica di guidare le comunità con rigore morale e civile. Il deficit su quest’ultimo aspetto nel nostro paese é ben noto. É meno nota la connessione che può esistere tra esso e la povertà. É bene cominciare ad esserne consapevoli.