São Luís do Manarão, 24 marzo 1969
Nato nel 1969 in una cittadina del povero nord-est del Brasile, non lontano da Recife, Airton Luis Barroso Oliveira è il quinto di sette figli. Dopo un’infanzia difficile, con pochissime risorse economiche in famiglia e con poca voglia di studiare, iniziò a giocare nella formazione locale del Tupan, esordendo in prima squadra a soli quindici anni.
Notato dal procuratore cileno Josè Rubalotta, fu portato in Belgio per fare un provino con l’Anderlecht, che superò brillantemente grazie alle sue già ammirevoli doti di dribblatore e goleador.
Dopo un paio di anni nelle giovanili, esordì con la prima squadra nel 1987-88. Giocò con i biancomalva per cinque stagioni, segnando 36 reti in 96 partite e contribuendo alla vittoria di un campionato, due Coppe nazionali, una Supercoppa nazionale ed arrivando alla finale di Coppa delle Coppe nel 1990 contro la Sampdoria di Boskov (persa 2-0).
Durante quel periodo fu naturalizzato belga, scegliendo quindi la Nazionale dei Rode Duivels, nonostante fosse arrivata anche una convocazione con la Seleçao allenata allora dal suo idolo Falçao, che cortesemente rifiutò. Esordì in Nazionale il 26 febbraio 1992 contro la Tunisia.
Nell’estate del 1992 fu scelto dal Cagliari di Carletto Mazzone per sostituire Fonseca, passato al Napoli. Con i sardi il suo talento esplose definitivamente: in quattro stagioni segnò 53 reti tra campionato e coppe, portando i rossoblu alla semifinale di Coppa Uefa nel 1994.
Nell’estate 1996, Lulù si trasferì alla Fiorentina, andando a comporre un trio delle meraviglie con Batistuta e Rui Costa. Vinse subito la Supercoppa italiana. Dopo due anni splendidi, nella terza stagione fu arretrato da Trapattoni sulla linea di centrocampo (o addirittura come terzino): al termine del campionato i viola ottennero la qualificazione in Champions League, ma Oliveira, scontento del ruolo, decise di cambiare maglia, ritornando al Cagliari. Come spesso accade in questi casi, tuttavia, il ritorno in Sardegna fu deludente, così Lulù passò prima al Bologna e poi al Como in Serie B. Con i lariani, nel 2001-02 riconquistò la Serie A a suon di gol.
Tuttavia, nel settembre 2002, poco prima dell’esordio in campionato, venne ceduto al Catania di Riccardo Gaucci, neopromosso in B. Lasciò Como in lacrime, deluso per l’inaspettato addio. Giunto ai piedi dell’Etna, però, le cose cambiarono rapidamente: all’aeroporto Fontanarossa c’erano centinaia di persone ad attenderlo. L’idillio con la tifoseria rossazzurra fu immediato e Lulù ricambiò l’affetto a suon di gol e con la fascia di capitano al braccio (cedutagli da Michele Zeoli). Alla seconda giornata di campionato arrivò il primo gol, anzi… fu subito tripletta: 3-3 al “Celeste” di Messina.
In quella travagliata stagione, Oliveira convinse la dirigenza ad ingaggiare a gennaio il suo gemello del gol a Como: Carlo Taldo. Il Falco andò a segno tredici volte (indimenticabile anche la doppietta alla “Favorita” di Palermo in un altro 3-3), Taldo altre otto. I rossazzurri, salvi per il rotto della cuffia, dovettero attendere tutta l’estate per avere la certezza di giocare in B anche l’anno successivo: fu il celebre “caso Catania”, generato dalla vittoria a tavolino (1-1 sul campo) contro il Siena che aveva schierato lo squalificato Luigi Martinelli. Dopo una estenuante battaglia a suon di ricorsi al TAR (tra cui ci fu anche un analogo “caso Venezia” contro il nostro Vito Grieco), alla fine la Lega decise di bloccare le retrocessioni e di allargare la B a 24 squadre (ammettendo, clamorosamente, anche la Florentia Viola, diventata poi Fiorentina).
Ciò che importa fu comunque la permanenza del Catania in B. La squadra fu affidata al duo Matriciani-Colantuono e puntellata con gli innesti in attacco di Mascara, Sedivec, Nygaard, Kanyengele, ed a gennaio Berrettoni ed il ritorno poco felice di Taldo. A Lulù fu assegnata la numero 10 (mentre l’anno prima aveva la 25), e lui segnò altre 13 reti (più una in Coppa). Quel Catania giunse nono, perdendo il lungo treno per la promozione in A (ben sei squadre quell’anno, a causa dell’allargamento dei quadri).
Nel frattempo era subentrato in società Nino Pulvirenti, che rivoluzionò la squadra cercando di tagliare gli stipendi. Oliveira fu messo alla porta e salutò in estate a malincuore la città etnea. Dopo altre stagioni tra Foggia, Venezia, Lucchese, Nuorese e Derthona, si ritirò dal calcio giocato nel 2009, per intraprendere la carriera da allenatore.