Catania, 25 agosto 1956
Egizio Rubino lo mandò in campo con la maglia numero 4: «Va’, fatti rispettare». La Coppa Italia Semipro era un impiccio per l’allenatore siracusano: il Catania doveva solo far bella figura e rimanere concentrato nella snervante corsa a due verso la Serie B, al fianco del Bari. Era quindi il turno di Luigi Chiavaro, 18 anni e mezzo, massiccio libero che da un paio d’anni vestiva la maglia a strisce rosse e azzurre. Non se la cavò male, anche se schierato da mediano: il Catania chiuse 1-1 la sfida contro il Messina e poi passò il turno. Il difensore iniziava così una lunga militanza nel club della sua città, uno dei pochi figli dell’Etna a poter vantare un simile privilegio.
Chiavaro aveva iniziato a dare i primi calci nella scuola dell’Interclub, fucina dei migliori talenti catanesi anni settanta. Nel 1973, venne arruolato per la Primavera del Catania: un onore, ma anche una fortuna. Infatti la prima squadra andava male, retrocesse in Serie C dopo 25 anni tra Serie A e B, e nelle categorie inferiori c’era di sicuro più possibilità per un giovane di belle speranze di mettersi in luce. Peraltro, le qualità non mancavano.
I due gettoni in Coppa Italia nell’anno del pronto ritorno in Serie B gli valsero la fiducia di mister Rubino, che lo alternò nelle partite di Coppa a Roberto Benincasa, e gli permisero anche di esordire nella serie cadetta. Era il 21 dicembre 1975, fu un altro pareggio per 1-1 questa volta in casa del Lanerossi Vicenza. Chiavaro giocò 25 minuti al posto di Poletto, mandato in campo per tamponare l’espulsione di Panizza, e beccò anche un’ammonizione per proteste. In quel campionato, che si concluse con la salvezza, riuscì a giocare solo altri tre spezzoni di gara.
Si dice che Carmelo Di Bella non avesse un grande rapporto con i catanesi. Eppure fu lui a rendere Chiavaro titolare, a dargli il ruolo di libero e tanta fiducia. Nel 1976-’77, con il ritorno dell’allenatore dei tanti successi in A, si sperava di poter ritornare a correre per la massima serie. Previsioni del tutto sbagliate, ma non certo per colpa di Chiavaro, che si ritrovò invischiato nella lotta per la salvezza. Una sua autorete sancì la sconfitta di Avellino che affossò la squadra, ma fu propiziata da un’improvvida uscita del portiere Zeljko Petrovic. A Brescia, per la disfatta che rese ufficiale la discesa in C, Chiavaro non c’era.
Il triennio seguente fu però il migliore per il libero catanese. In Serie C era un ottimo giocatore, una sicurezza per la retroguardia; insieme a Cantone, Leonardi e Angelozzi era uno dei moschettieri catanesi. Il Catania non ebbe fortuna nelle prime due stagioni: sconfitto nello spareggio di Catanzaro con la Nocerina nella prima stagione, venne superato nel finale del campionato seguente dal Pisa.
Chiavaro maturò definitivamente nel 1979-’80 e fu protagonista della promozione in Serie C. Il cambio di panchina, da Rambone a De Petrillo, permise alla squadra di cambiare marcia e di filare come un treno verso la serie cadetta. Chiavaro segnò anche la prima rete in carriera: il 2 dicembre, la sua botta dalla distanza fu decisiva per battere per 2-1 la Nocerina, quarta vittoria di fila e già scatto per confermare la vetta. Si ripeté il 9 marzo, altra rete decisiva per sbloccare il punteggio nel 2-0 al Campobasso. Nella vittoria a Reggio Calabria, Chiavaro blindò la difesa: il numero 6 rossazzurro fu tra i migliori in campo.
Al ritorno in B, lo spazio non fu più lo stesso. La partenza di De Petrillo gli chiuse le porte, Mazzetti gli preferì Eliseo Croci nel ruolo. L’ultima partita è datata 12 aprile 1981, 0-0 a Taranto. Chiuse comunque con il titolo di catanese con più presenze ufficiali: 153, 132 in campionato, 20 in Coppa, 1 nello spareggio di Catanzaro.
A quel punto iniziò una buona carriera in C, tra Akragas e Francavilla, e fu anche il capitano della Juventina Gela. Giocò infine a Milazzo e Nuova Igea per poi intraprendere la carriera da allenatore.