Enzo Bearzot

Aiello del Friuli, 26 settembre 1927 – Milano, 21 dicembre 2010

Nell’estate del 1951, l’allora presidente rossazzurro Arturo Michisanti organizzò una sontuosa campagna acquisti per puntare ai piani alti della Serie B. Arrivarono il portiere Narciso Soldan, l’attaccante Fabrizio Bartolini e soprattutto il forte mediano ex Inter Enzo Bearzot.

Bearzot, dopo un paio di stagioni nel suo Friuli con la Pro Gorizia, era sbarcato a Milano con la maglia nerazzurra, senza però incidere più di tanto. Sceso nell’estremo sud, divenne idolo dei tifosi, appassionati dalla sua tenacia e dal feeling con i compagni di reparto. Si andò a delineare, infatti, un centrocampo poderoso, composto da lui, da Dandolo Brondi e dal capitano Nicola Fusco. In avanti, un trio fantastico: Guido Klein, Francesco Randon e Silvano Toncelli.


La squadra lottò sin da subito per la promozione, ma Brescia e Roma erano due corazzate imbattibili ed i sogni di gloria furono rimandati. L’anno successivo, il Catania allenato da Fioravante Baldi giunse al secondo posto (grazie alla vittoria a tavolino nel celebre caso di Padova-Catania) e si giocò la promozione in uno spareggio contro il Legnano in piena estate a Firenze, incredibilmente perso per 4-1. A quel punto, Michisanti abbandonò la società con lauta ricompensa (sfruttando una norma dello statuto sociale) e gli subentrò Giuseppe Rizzo.

Con il nuovo presidente, i rossazzurri ci riprovarono nel 1953-54, con una squadra ancora più forte, in cui figuravano il nuovo portiere Antonio Seveso, il forte difensore Ferruccio Santamaria (giunto già l’anno prima) ed i nuovi attaccanti Franco Bassetti e Michele Manenti, mentre a centrocampo l’addio di Brondi fu compensato dall’arrivo di Renato Cattaneo. La squadra, ben allenata da Piero Andreoli, vinse il torneo sbaragliando tutti gli avversari e con il pareggio a Como fu matematicamente promossa in Serie A per la prima volta nella sua storia. Dopo l’ultima partita a Valdango, la squadra venne accolta da un corteo di auto a Giarre e scortata fino in città per la grande festa. Bearzot fu sempre titolare e lasciò la città da vincitore, accasandosi in estate al Torino.

Il resto è storia nota: dieci anni con la maglia granata, con una breve parentesi di un anno all’Inter; poi l’inizio della carriera da allenatore, fino a diventare il CT dell’Italia Campione del Mondo nel 1982.

Di lui si ricordano sempre la pipa in bocca ed anche il naso da pugile, falcidiato da 3 incidenti di gioco che gliene mutarono la forma: «Tre fratture, mica una! L’ho tenuto così, una specie di medaglia se non al valore perlomeno al coraggio» raccontò un giorno.

Il Vecio morì il 21 dicembre 2010, esattamente 42 anni dopo la morte di un altro storico CT azzurro, Vittorio Pozzo, a cui aveva tolto il record di panchine in Nazionale, che tuttora detiene.