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Le Voci di Librino, «Una radio di comunità nel palazzo di cemento» come possibile futuro del progetto in corso

L’esperienza di rigenerazione urbana attutata da Radio Banda Larga a Torino, i Patti Sociali tra cittadini ed istituzioni promossi da Labsus in Puglia per l’individuazione e la gestione di beni comuni, il punto sulle attività di amministrazione condivisa in Sicilia occidentale. Esperienze a confronto per cominciare a immaginare il “dopo”, il futuro del progetto “Le Voci di Librino”, in primis la nascita di una radio di comunità dai laboratori radiofonici in corso di svolgimento nelle scuole del quartiere: un’emittente che in pianta stabile possa “dar voce” al quartiere, magari trovando una sede proprio in quel “palazzo di cemento” che da simbolo di degrado potrà diventare simbolo di rigenerazione, anche grazie ai lavori di recupero in corso.

Questi i temi del focus group che si è tenuto ieri pomeriggio nei locali del teatro Machiavelli nell’ambito del progetto “Le Voci di Librino”, promosso e curatodall’associazione Catania Lab, editrice di Radio Lab e gestore di Radio Zammù, la radio dell’Università di Catania, in collaborazione con Mosaico Cooperativa Sociale, Talità Kum, Impact Hub. Partner esterni del progetto sono i cinque istituti scolastici coinvolti (Istituto Angelo Musco, Istituto Dusmet, Istituto Campanella Sturzo, Istituto Brancati e Istituto Pestalozzi), l’Ufficio Servizio Sociale per i Minorenni di Catania, il Comune di Catania, la Fondazione Cirino La Rosa.

Un momento di confronto con altre esperienze, dunque, ma anche di riflessione comune tra gli attori del progetto avviato già da un anno nel popoloso quartiere catanese. «Stiamo cercando di far nascere un “megafono”, facendo capire ai ragazzi di questo quartiere che la radio può essere un gioco ma anche uno strumento potentissimo per la narrazione del territorio dal basso – spiega Salvo Messina, presidente di Catania Lab -. Alla fine del progetto, tra dieci mesi, potrà nascere una radio di comunità che dovrà appartenere al quartiere e non all’associazione che ha promosso questo progetto. E’ il momento di avviare questa riflessione».

A guidare il dibattito in prospettiva futura è Daniela Ciaffi (Università di Palermo) che assieme a Tino Cutugno accompagna il progetto in chiave strategica, per costruire quella “rete sociale” più ampia possibile che potrà prendere in mano il lascito del progetto, una volta concluso. Così al focus group sono presenti vari attori che a diverso titolo prendono parte a “Le Voci di Librino” o sono espressione di realtà attive nel quartiere. A cominciare da Sara Fagone della Cgil, Giusy Milazzo del Sunia e altre rappresentanti dell’Aser, dalle quali arriva una richiesta di maggiore coinvolgimento dei residenti anche sulle attività poste in essere dall’Amministrazione comunale: è il caso degli orti sociali, «troppo estesi per poter essere coltivati da una famiglia». Librino, quartiere con diverse anime, quella delle residenze cooperativistiche che hanno una composizione sociale “normale” e quella delle case popolari che invece vivono un maggiore disagio sociale. In tutto ciò, spiega Ciaffi, che ha condotto una serie di interviste tra gli attori del progetto, se da un lato sembra esserci una mancanza dello Stato, dall’altro c’è forte la presenza delle scuole che sono i veri presìdi del pubblico sul territorio. E non è un caso che gran parte delle attività progettuali si svolgano nelle scuole, a partire dai laboratori radiofonici che stanno facendo produrre agli studenti la trasmissione “Le Voci di Librino, in onda ogni venerdì alle 19 su Radio Lab (www.radiolab.it) e sui 101,00 FM.

Ecco che allora le esperienze fatte in altri parti d’Italia e di Sicilia possono essere utili per immaginare un “domani”. Pasquale Bonasora racconta come Labsus in Puglia abbia immaginato un «Regolamento per la cura dei beni comuni, uno strumento che offriamo ai Comuni per tradurre in regole semplici l’applicazione dell’art. 118 della Costituzione sul principio della sussidiarietà – dice -. L’obiettivo è perseguire il fine della cosa pubblica attraverso la cura dei beni comuni, quelli che contribuiscono a definire l’identità di un territorio. Ma un bene lo diventata quando viene riconosciuto dalla comunità come tale e diviene caratteristico dei luoghi e della tradizione. Così ci siamo inventati il “Patto di collaborazione”: uno strumento amministrativo molto agile, con cui i cittadini individuano un bene, sottoscrivono il Patto con le istituzioni e assumono degli impegni per prendersene cura e rigenerarlo. In Italia in quattro anni abbiamo favorito la sottoscrizione di mille Patti, con 150 Comuni che hanno adottato i regolamenti». Non è un percorso senza difficoltà, ma i risultati arrivano. Tre gli esempi portati da Bonasora, il Patto per aiutare le donne braccianti ad Adelfia, in Puglia, quello per la rinascita di un vecchio cinema nel quartiere Libertà a Bari, quello per rendere più fruibile la biblioteca comunale a Rosarno, in Calabria.

Altra esperienza che arriva da fuori è quella di Radio Banda Larga, a Torino, che è diventata «uno strumento per lavorare su un’idea di socialità e in particolare nei luoghi dove questa può essere più difficile, come nel quartiere Barriera Milano, a Torino – racconta Umberto Ascheri -. Sono qui per vedere come i ragazzi di Librino vengono ingaggiati e resi più partecipi possibili».

A evidenziare cosa succede in Sicilia occidentale è invece Marcella Silvestre (Labsus) che, racconta di esperienze comuni e ricerca di risorse sul fronte dell’amministrazione condivisa di beni comuni.

Al focus group partecipa tutto lo staff di Catania Lab (oltre al presidente), la vice presidente Alessia Amenta, lo station manager e coordinatore del progetto Alberto Conti, i formatori Martina Gensabella e Riccardo Mazzeo), alcuni speaker di Radio Zammù (Mauro Gemma e Laura Rondinella) nella qualità di formatori radiofonici nei laboratori scolastici), il direttore responsabile di Radio Zammù, Mariano Campo («Sono contento che al progetto possano collaborare alcuni dei più validi studenti speaker e collaboratori di Radio Zammù»), Clotilde Notarbatolo di Impact Hub che cura alcune attività progettuali focalizzate all’autoimprenditorialità, Rossana Calogero della Cooperativa sociale Mosaico.